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Quando una PMI ha un cliente che non lo paga, mediamente si rivolge al suo avvocato di fiducia. E se non ne conosce nessuno, chiede in giro e se ne fa consigliare uno “buono” da colleghi e amici. Stessa cosa il comune cittadino che magari incappa in un inquilino moroso o nell’ex coniuge in ritardo con l’assegno di mantenimento.

Ma anche i creditori istituzionali – Originator & Investor – quando decidono di agire legalmente per il recupero di un loro credito, si rivolgono agli Studi Legali di riferimento, scelti in base a numerosi parametri, ma sostanzialmente basati sul concetto di “buon avvocato”.

Ma cosa significa “buon avvocato”?

Ovvio che, per i creditori che perseguono processi industriali di recupero crediti, il concetto di “buon avvocato” ha una valenza diversa rispetto a coloro per i quali il recupero di un credito è solo occasionale.

In ogni caso, una definizione di “buon avvocato” fu a suo tempo data dal Calamandrei: “un professionista utile ai giudici per aiutarli a decidere secondo giustizia, utile al cliente per aiutarlo a far valere le proprie ragioni”.

Ecco allora che, per fare in modo che l’ingranaggio della giustizia giri a favore del proprio cliente, gli elementi probatori giocano un ruolo decisivo e, per evitare che la procedura di recupero si concluda con un nulla di fatto per il cliente, costituendogli solo un inutile costo e perdita di tempo, le informazioni sullo stato patrimoniale, reddituale e finanziario della controparte rappresentano un valore preziosissimo.

In quest’ottica, se il professionista si avvarrà di un partner in grado di effettuare efficaci investigazioni per recupero crediti, potrà fare la differenza per i propri clienti e staccarsi nettamente dai colleghi-concorrenti che trascinano i loro in azioni legali al buio.

Ma come orientarsi nella scelta del partner investigativo giusto?

In un mercato che all’apparenza offre una moltitudine di investigatori sedicenti esperti in recupero crediti, “tutti” professionali ed efficaci, non è cosa facilissima, ma neppure impossibile…

In questi casi, infatti, la cosa migliore è quella di bypassare le dichiarazioni dei diretti interessati, e puntare ad accertare 6 “semplici” requisiti:

1. Specializzazione:

È reale o solo millantata? Basta dare un’occhiata alla loro brochure e al sito internet e vedere i servizi offerti. Più cose fanno e ovviamente meno specializzazione possiedono.

2. Esperienza e Competenza:

Da quanti anni fa solo quest’attività? Quando un mercato si fa “ricco”, in molti ci si ficcano, ma inutile dire che solo chi lo fa da tanto tempo può garantire l’esperienza e la competenza necessaria per farlo ai massimi livelli di efficacia. E se non sei convinto di questo, dai un’occhiata alle   FAQ o alle mie pubblicazioni per capire quanto può essere complessa e delicata quest’attività.

3. Compliance:

Vi pongono attenzione o non sanno neppure di cosa si tratta? Ovvio che il primo a dover avere sensibilità verso la liceità dell’origine del dato, deve essere il professionista stesso! Il quale, invece di farsi abbindolare da promesse illecite, dovrebbe avere il terrore di rischiare di farsi trovare in studio, nella cartella del cliente, report compromettenti.

4. Referenze:

Convenzioni, siti accattivanti, prezzi stralciati, autoincensamenti stanno a zero davanti a genuine testimonianze di Clienti soddisfatti che ci mettono la faccia per certificare l’efficacia e l’efficienza del proprio investigatore di fiducia.

5. Garanzie:

Se l’investigatore crede in quello che fa, non dovrebbe avere problemi a offrirne di concrete.

6. Attendibilità dei report prodotti:

Le notizie riferite devono essere aggiornate alle 24 ore precedenti e vere. Tutti sono capaci di riciclare un vecchio report e/o sparare una cifra a caso della giacenza su un c/c, come verificare il contrario? Se quando si esegue il pignoramento non si trova nulla è un attimo giustificarsi dicendo che il debitore ha prosciugato il conto un momento prima. Più difficile è mantenere alta la qualità ed efficacia della produzione negli anni.

Per quanto ci riguarda, ormai dovrebbe essere chiaro:

Confidence si occupa solo di indagini per recupero crediti.

Non sappiamo fare altro, ma su quelle non abbiamo rivali, perché le svolgiamo senza compromessi sulla loro attendibilità, aggiornamento, cura del Cliente e rigoroso rispetto della compliance!

Come del resto testimoniano i nostri Clienti: società multinazionali, PMI e, soprattutto, avvocati tuoi colleghi.

Ed è per questo che non abbiamo problemi a rilasciare ai nostri Clienti il

Servizi investigativi

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Indagine Globale per Recupero Crediti

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FAQ

Domande frequenti

Solo ed esclusivamente chi vanti uno specifico interesse da tutelare rispetto le indagini richieste.
In sostanza, non è possibile avviare un’indagine su qualcuno per semplice curiosità, ma solo per difendere un proprio diritto, ad esempio in sede giudiziaria.

Senza un incarico conferito per iscritto ed esatta identificazione del committente (attraverso un documento in corso di validità), gli investigatori privati non possono accettare l’incarico.

Ovviamente no, anche se la tendenza, tutta italiota, a interpretare la norma piuttosto che rispettarla, fanno sembrare del tutto normali (tanto da essere pubblicizzate sulle brochure di alcune agenzie investigative). In estrema sintesi è proibito:

  • violazione di domicilio e interferenze illecite nella vita privata;
  • ripresa visiva o sonora all’interno della privata dimora;
  • violazione, soppressione, conoscenza e sottrazione della corrispondenza;
  • detenzione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici;
  • installazione di apparecchiature atte a registrare le comunicazioni (microspie);
  • intercettazione e falsificazione di comunicazioni telefoniche, telematiche, informatiche;
  • rivelazione del contenuto di corrispondenza, documenti segreti, scientifici o industriali;
  • spionaggio industriale;
  • controllo dei messaggi di posta elettronica e del contenuto dei siti internet visitati dai dipendenti;
  • controllo elettronico di dipendenti e collaboratori non concordato con le rappresentanze sindacali.

Secondo giurisprudenza costante, il report investigativo non ha di per sé valore probatorio dei fatti che descrive. Eventualmente potrebbero essere considerati come “scritto proveniente da un terzo” e quindi costituire una “prova atipica” (con tutti i suoi limiti), ma solo se frutto dell’osservazione diretta dell’investigatore privato.

A quel punto, essendo il documento a contenuto testimoniale, perché acquisti valore probatorio, deve essere acquisito al procedimento mediante prova orale.

Ma quando il report, come nel caso di quelli per recupero crediti, è costituito dall’insieme di una serie di informazioni raccolte da più persone (come normalmente avviene), e non è quindi frutto dell’osservazione di una specifica persona, allora è totalmente inutilizzabile in giudizio.

La residenza è ovviamente quella che risulta dall’anagrafe del Comune.

Tuttavia, non è detto che corrisponda con il luogo dove effettivamente vive e/o è possibile trovare il debitore.

Vedi il caso del separato che lascia la casa coniugale e va a convivere con il nuovo partner senza fare il cambio di residenza. È evidente l’importanza dell’effettivo domicilio per far pervenire al debitore le comunicazioni inerenti il recupero in corso.

In epoca di emergenza Covid, Decreti Ministeriali hanno spostato i termini per la sospensione dei pignoramenti e relative notifiche. Ma per fortuna sono misure che hanno interessato i soli debiti col Fisco e non, invece, i debiti tra privati. Pertanto, a oggi – e salvo future novità – il pignoramento di stipendi e pensioni sono una via ancora percorribile per creditori privati. Oltre a ciò, è noto che è dovere del creditore garantire al debitore di disporre dell’importo minimo vitale, ovvero il necessario al sostentamento della propria famiglia.

Anche per il pignoramento del conto corrente, esistono limiti entro cui si determina il recupero delle somme, che corrispondono al triplo dell’assegno sociale (1.379,49 € per il 2020) se lo stipendio è accreditato prima del pignoramento. Se l’accredito avviene successivamente, vale il limite del quinto dello stipendio (fino a metà, se le cause di pignoramento provengono da diverse tipologie di creditori).

Accade relativamente di frequente, anche se non tanto spesso come si vorrebbe, che il debitore abbia nella sua disponibilità un immobile (appartamento, garage, fondo, capannone) che cede in affitto a terzi.

Ad esempio, l’azienda in crisi, con la produzione in calo, spesso libera una parte del capannone che occupa per affittare/sub affittare la parte inutilizzata a terzi. Oppure accade che l’esecutato liberi l’immobile, si fa ospitare da partenti o amici, ed affitta l’appartamento a un terzo estraneo (e ciò sia per fare cassa, che per rendere meno appetibile lo stesso immobile una volta all’incanto). Abbastanza diffuso è anche il caso in cui il debitore affitta l’appartamento ricevuto in eredità da un genitore deceduto.

Il pignoramento del canone di locazione può essere effettuato per il 100% dell’importo annuale.

A scanso di equivoci, è onesto chiarire fin da subito che non esistono fonti ufficiose infallibili che garantiscano un’assoluta affidabilità del dato. Una tale garanzia può essere data solo dall’accesso a banche dati di pertinenza del fisco, precluse in maniera lecita ai privati. Salvo ovviamente non si proceda ex art 492 bis c.p.c., cosa possibile però solo ex post l’avvio dell’azione legale.

L’indagine sui rapporti bancari è quindi un’istantanea della situazione dell’indagato, effettuata su pubblici registri, fonti ufficiali (accessibile ai privati) e ricerche ufficiose, mediamente piuttosto affidabile (se a fare le ricerche è stato un professionista preparato). Importante è la collaborazione tra cliente e professionista, e quindi il passaggio di tutte le notizie che già si sanno al riguardo, in modo da facilitare le ricerche stesse.

L’atteggiamenti omertoso del cliente che, pur conoscendo già una banca o due utilizzata dal suo debitore, non lo rivela all’investigatore per “metterlo alla prova”, e quando questi li scopre, si dichiara deluso perché lo sapeva già, lascia sconcertati.

In ogni caso, anche se si tratta di report ufficiosi, basati su indagini, che sarebbe sbagliato

caricare di eccessive aspettative, occorre però capirne anche tutto l’elevato peso specifico, essendo uno strumento prezioso e insostituibile – specie se perseguito ex ante, quindi preventivamente all’avvio dell’azione legale – a sostenere la fattibilità della stessa azione. Un’indagine sui rapporti bancari completa dovrebbe, inoltre, essere in grado di fare una ricerca bancario / postale su tutto il territorio nazionale, e non solo sul territorio adiacente la residenza/sede del debitore; oltre che, quando possibile, sui c/c inconsueti (ricordiamo che si stanno diffondendo le carte prepagate munite di IBAN).

Proprio per la loro complessità, come tutte le indagini genuine, hanno bisogno di una tempistica di svolgimento congrua (15/30 gg lavorativi) che, in alcuni casi, possono subire occasionali accelerazioni o rallentamenti per specifiche ragioni legate alla lavorazione.

Ovvio che il legale può fare dei tentativi random di pignoramento presso gli istituti di credito adiacenti la residenza del debitore privato e/o la sede operativa della persona giuridica. Ma si tratta di azioni comunque dispendiose e spesso inefficaci

È bene altresì ricordare che la ricerca spasmodica del report bancario sicuro, con l’esatta giacenza sul conto, in tempi flash e magari a prezzi stralciati, significa consapevolmente esporsi a un incauto acquisto. Anch’esso reato (e, una vota utilizzata quell’informazione, foriero di altri reati ben più gravi), come quello che compie l’investigatore che fa accessi abusivi o corrompe pubblici funzionari per avere notizie precluse ai privati.

Sul mercato ci sono soggetti che offrono una serie di servizi che entrando molto in profondità nella privacy dell’indagato. I più disperati anche a prezzi quasi bassi.

Promettono di poter fornire:

  • l’esatta giacenza, precisa al centesimo, del conto corrente;
  • l’esatto importo della RAL (Retribuzione Annuale Lorda) di un dipendente;
  • fotocopia della busta paga;
  • verifiche dirette presso l’Agenzia delle Entrate e/o INPS (extra art. 492 bis cpc);
  • verifica Crif;
  • storico dei redditi persona fisica ultimi 5 anni;
  • estrema velocità (spesso accompagnato da prezzi stralciati) per espletare indagini complesse;

Ma è davvero possibile fare tutto questo?

In maniera lecita?

Non si rischia di essere truffati?

E se questi dati sono autentici, ma ottenuti illecitamente, chi li acquista rischia qualcosa?

Ebbene cerchiamo di fare chiarezza:

  • No, non è possibile fare tutto quanto sopra.
  • No, ciò che si riceve da loschi individui che commercializzano questi dati, è illecito perché frutto di accessi abusivi (per hackeraggio o corruzione di pubblici funzionari) alle banche dati interdette ai privati.
  • Si, l’essere truffati da gente spregiudicata che traffica dati illeciti è normale. Ad esempio, quando viene data la giacenza media e/o precisa del conto corrente, è frutto spesso della fantasia. Chi può controllare per smentire? Se al momento del pignoramento non si trova quella somma sul conto, la scusa è facile: “va beh, il debitore l’ha svuotato nelle more dell’esecuzione”. Ancora, la Crif, come le altre SIC, accessibili dal solo circuito bancario, non sono mai state violate. Pertanto, chi afferma di poter vendere sistematicamente quei dati, vi sta truffando (una tantum, può avere il funzionario di banca kamikaze che fa interrogazione per lui, ma nel privato i controlli sono draconiani e le conseguenze immediate).
  • Si, chi acquista dati autentici, ma proibiti ai privati e ricavati illecitamente, si espone a subire conseguenze penali.

L’accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico comporta la violazione dell’art. 615 ter del c.p. da parte di chi vi accede e a seguito dell’art. 110 c.p. anche di chi lo richiede.

Chi poi utilizza questa informazione contravviene al disposto dell’art. 648 ter c.p. che prevede appunto l’impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita.

Ulteriori sanzioni sono inoltre previste dalla L. 196/2003 ovvero la tutela del dato personale (la c.d. legge sulla Privacy) il quale se trattato illecitamente prevede la sanzione penale dell’arresto fino a 3 anni (art. 167).

Ma non è finita perché il Dlgs 8 giugno 2001, n. 231 recante la Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma della legge 29/09/2000 n. 300, al suo art. 24 bis rubricato come “delitti informatici e trattamento illecito di dati”, prevede sanzioni per la società molto rilevanti da punto di vista economico e interdittivo qualora siano commesse le violazioni di cui all’art. 615 ter c.p.

Mentre per le violazioni di cui all’art. 648 ter c.p. lo stesso decreto legislativo prevede l’art. 25-octies il quale è rubricato come “ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, nonché auto riciclaggio. 

Anche in questo caso le sanzioni sono molto elevate sia in termini economici che in termini di interdizione dell’attività assentita.

Una particolare attenzione dovrà farsi in relazione al prezzo dell’acquisto o alla modalità di erogazione del report (esatto importo e/o copia busta paga, giacenza conto corrente, ecc.), che sono rilevatori di un’attività illecita, prevista dall’art. 712 del c.p.: “chiunque, senza averne prima accertata la legittima provenienza, acquista o riceve a qualsiasi titolo cose, che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per la entità del prezzo, si abbia motivo di sospettare che provengano da reato, è punito con l’arresto fino a 6 mesi”.

Si deve anche aggiungere che ancorché vi sia un’offerta iscritta, un contratto, delle fatture, ciò non esclude i reati di cui sopra, che si producono per comportamenti, non essendo previsto nel nostro ordinamento un’esimente quale l’emissione della fattura o la stipulazione del contratto.

Anzi tali fatti, giuridicamente rilevanti in sede civilistica, non fanno altro che rafforzare nell’inquirente la certezza della consumazione del reato anche da parte del committente che ha acquistato il dato proveniente da fatto illecito.

È pazzesco pensare che un professionista, esperto di diritto si esponga deliberatamente a tutto questo!

Credit Village:

Polizia di Stato Operazione Cybercrime People1”: “Sei decreti di perquisizione sul territorio nazionale, destinatarie anche diverse agenzie investigative”
Roma 22/11/2019 di Antonella Giordano

“La Polizia di Stato, sotto la direzione della Procura di Roma, ha portato a termine una della più articolate attività di indagine nel settore del cybercrime, l’Operazione PEOPLE 1. Centinaia di credenziali di accesso a dati sensibili, migliaia di informazioni private contenute in archivi informatici della pubblica amministrazione, relativi a posizioni anagrafiche, contributive, di previdenza sociale e dati amministrativi appartenenti a centinaia di cittadini e imprese del nostro Paese: è quanto è stato scoperto dagli investigatori specializzati del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni, che hanno dato esecuzione ad un’ ordinanza di custodia cautelare in carcere e proceduto ad eseguire 6 decreti di perquisizione sul territorio nazionale; destinatarie anche diverse agenzie investigative”.

 

“Il principale sospettato, R.G., cittadino italiano di anni 66 originario della provincia di Torino, residente in Sanremo con un know how informatico di altissimo livello e numerosi precedenti penali e di polizia, è stato posto in arresto su provvedimento del GIP presso il Tribunale di Roma. I numerosi indizi raccolti durante le indagini indicano il soggetto come il principale responsabile di ripetuti attacchi ai sistemi informatici di numerose Amministrazioni centrali e periferiche italiane, attraverso i quali sarebbe riuscito ad intercettare illecitamente centinaia di credenziali di autenticazione (userID e password)”.

Il Gazzettino.it:

Dati sensibili di migliaia di persone venduti alle aziende: 2 finanzieri arrestati

Martedì 24 Dicembre 2019 di Gianluca Amadori

“VENEZIA/PADOVA – Sono accusati di aver raccolto illecitamente informazioni sensibili di migliaia di persone dalle banche dati dell’Agenzia delle Entrate, dell’Inps e del Ministero delle finanze, a cui avevano accesso per motivi d’ufficio, per poi venderle a varie società di recupero crediti e ad altri imprenditori. Due militari della Guardia di Finanza, in servizio alla Stazione navale di Venezia, sono finiti agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione e accesso abusivo a sistema informatico, nell’ambito di una maxi inchiesta condotta dalla procura di Roma, conclusasi con l’emissione di misure cautelari a carico di 12 persone (sei ai domiciliari, 4 sospese dal pubblico ufficio e 2 interdette dall’esercizio dell’attività imprenditoriale)”.  

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